Pietro La
Barbiera, in arte Labar, � un messinese, lombardo di attivit� (vive a
Cesano Maderno, presso Milano) trentaseienne, gi� noto per una ventina
di mostre personali effettuate in Italia e all'estero, tra cui
Stoccarda, Tokyo, Milano, Roma.
Pi� ricca, ma anche pi� vulnerabile nelle sue �connotazioni psichiche e
fantastiche,, come scrive Passoni, l'arte del messinese dal 1973 al 1976
in un periodo intenso di cromie (�rossi, gialli, aranci, neri�) dove il
fatto surreale e quello spaziale, - ma una spazialit� pi� alla Dal� che
non alla Tanguy - erano ai ferri corti con la natura, ne spiazzavano la
credibilit�, senza per altro sostituirvi l'onirico o il fantasmagorico;
pi� interiorizzata, di una rara concretezza fantastica, la serie delle
opere dal 1976 in poi.
E se in questa nuova fioritura qualche volta una tendenza scenografica
prende il sopravvento nell'alta solitudine di natura, raffigurata da
Labar, (per es. �L'ombra�), il segno e la cromia sono gi� esemplarmente
rapportati; il di pi� di retorica, la desolazione che si fa monumento,
il sasso che si fa stele, sepolcro � come rattenuto (quasi del tutto
filtrato) da una carica pittorica non comune.
Dir� intanto che il mondo dei sassi di Pietro La Barbiera non appartiene
al pur nobile neo naturalismo esistenziale di taluni pittori
appartenenti alla �nuova figurazione�. Forse l'unico artista, a monte
del suo fare, che richiama questi azzurri e grigi, queste desolazioni
tanto evidenti quanto metafisiche, � Magritte; e per certe applicazioni
e intrusioni di �vita moderna�, Aldo Turchiaro; ma mentre nel pittore
calabrese i sassi sono una piccola parte dei tutto, una specie di
ribalta su cui recitano animali costruiti di dadi e di piastre per
sopravvivere ad una seconda distruzione, al di l� dell'era ecologica, in
Labar i sassi sono i protagonisti principali della recita. Questi falsi
�trompe I'oeil� ci dicono sempre qualche cosa di pi� e di diverso che il
sublime fittizio, ci dicono tutta l'umanit� di cui l'immagine muta �
capace, quando l'artista � in grado, come fa il messinese, di caricarla
di suggestive parole.
Ho cercato di raggruppare in due aspetti le tele del pittore; ma, come
si vedr�, non si tratta di semplici �cassetti� entro i quali possano
esser ripiegati e conservati questi modi di vedere e di sentire. Nel
primo inventario porrei quei fatti di natura che si presentano come se
fossero tutti visibili, quasi dentro una pupilla fotografica. Va da s�
che i fatti di natura sono atteggiati dall'artista prima di cominciare a
dipingere, i modelli diventano suggestivi e ricchi di fantasia gi� nella
loro preistoria.
Per esempio in �Erano spine erano sassi�: dove nella indiscriminataione
dei sassi levigati dall'acqua ed ora all'asciutto, serpeggiano e si
innervano in taluni di loro, rovi verdi di spine, un naturalistico
animismo, una corona per il Redentore che prende il giro di altre
fronti. Come pure nel bellissimo �Glarea., dove di aggiunto, li per li,
sembra non esservi nulla, se non quella sua firma incisa che pare una
formula cabalistica, il graffito di uno stendardo con la data per base.
Ma, a guardar bene, nel quadro � un'ombra, un doppio invisibile solco
nella ghiaietta, come una pressione fatta, a spostare quella statica
muta. Fenomeni da leggere con la pazienza della sensibilit�, non
evidenti e recitati.
Appena un addensarsi di prospettive in primo piano, di orizzonti, in
quella miriade di pietre, si festeggia in �Quiete�, in �Calma
mattimale�. Dove la visitazione di �altro da s� � data da un rosato che
specchia sulla superficie dei sassi come una luce aurorare, dalle
vertebre di impercettibili fili, le venature: l'artista � ben
consapevole di questa pittura sulla pittura, di questa �ricreazione�
naturalistica. E quando, come in �Dove scorreva l'acqua�, il pittore non
sembra aggiungere nulla, in quel �tutto vero� ecco una caligine
atmosferica, che non � la completa assenza dell'elemento primario,
l'acqua, ma quasi il suo pulviscolo. Un secondo gruppo di opere che si
differenzia dal primo fin qui illustrato, ma non lo contraddice, �
quello in cui l'elemento scenico - una realt� teatrale con ribalta
surrealista - � pi� evidente. Mi riferisco a �Sassi� (enormi, amati e
presentati come pietre dure, rarissime) puri, ghiacciai migrati a valle,
trib� di sassi totemici, rituali, si direbbe, un'isola di Pasqua
sottomarina che cova il feticcio di pietra in pietra.
In �Poi verr� il vento� il �trompe l'oeil� della foglia di platano
autunnale sui sassi, cosi immobile e scritta, fa pensare al momento in
cui, per un soffio, scivoler� da quella inerte e inamovibile superficie
accidentata. Il fruitore non aspetta altro e per questo l'artista, a
immagine finita, trova il titolo (�Poi verr� il vento�) che � uno dei
pi� interiori, anzi interni all'immagine che io abbia letto sotto un
quadro.
E che dire del sorprendente �Le biglie di vetro colorate�? Cos� a met�
strada fra �l'immagine trovata� - e tutta inventata - del lirico
inventario di reperti inorganici e il teatro delle apparizioni, per
l'intrusione delle biglie di vetro colorate, che sono in stretta
minoranza con le cose di natura, ma che spiazzano il significato
originario della petraia, quasi come i baffi aggiunti di Duchamp al
sorriso della Gioconda. E' un modo pi� �rispettoso� di intervenire nel
contesto della eterna, immobile inorganicit�, anzi � un intervento...
promozionale, nel senso che la natura diventa pi� magica e pi�
misteriosa, con quelle tracce dell'infanzia, dopoch� il fruitore,
condotto quasi da quelle ombre iridate, ravvisa le biglie.
Una osservazione felice fra le molte del collega Passoni � quella
dell'assenza completa nell'artista di una resa pittorica alla maniera
della fotografia. Sono d'accordo con lui che il segreto delle immagini
del pittore messinese � la memoria, nel senso che il fatto di natura
passa prima di tutto dentro la sua esperienza ottica e questa si muove
nella fantasia.
Marcello Venturoli
Roma, 16 ottobre 1980
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I
�pittori della realt�, cio� quegli artisti che riproducono l'aspetto
oggettivo delle cose fino a crear l'illusione della consistenza di esse
con i �trompe-I'oeil�, hanno sempre avuto grande seguito di ammiratori,
ma non crediamo sia stato e sia soltanto per il grande, spesso
sorprendente e raffinato �mestiere� che mostrano di aver conquistato, ma
per un'altra ragione. Essi ci conducono a considerare la natura delle
cose in modo diverso da quella che noi abbiamo di solito rilevata con
occhio distratto e con attenzione superficiale. Ci offrono gli aspetti
della natura come su un piedistallo: trasformano quello che � stato
oggetto della loro attenzione, in un piccolo monumento che si � spinti
ad osservare e ad ammirare per la suggestione che emana.
Non � quindi soltanto meraviglia che prende per la riproduzione fedele e
perfino affascinante della realt� oggettiva, quanto la gioia di aver
scoperto di questa realt�, un aspetto nuovo attraverso la �trascrizione
emotiva� dell'artista.
Pietro La Barbiera (Labar) che gi� tanti successi ha ottenuto e sta
ottenendo sebbene sia ancora molto giovane, � un artista che va oltre i
limiti della traduzione della realt� e lo ha sottolineato il titolo che
diede lo scorso anno alla mostra allestitagli al Museo di Milano, dal
Comune della citt�: �La natura... le fantasie�. E vorremmo dire che la
validit� evidente delle sue doti, di aggiungere la fantasia alla
osservazione e traduzione oggettiva, ottiene una autorevole conferma
dall'interesse che hanno destato le sue mostre tenute in Giappone,
Germania, Inghilterra: Paesi che domandano concretezza e la chiedono
anche agli artisti tenendo tuttavia in maggior considerazione quelli che
alla consistenza formale sanno aggiungere anche almeno un tocco di
fantasia: quel tocco che Labar mostra di dare.
E' una fantasia che nel nostro artista si esprime in vari modi: nella
sublimazione anzitutto della realt� vista e tradotta in maniera da dare
valore suggestivo a certi suoi dettagli scoperti ed analizzati con
acutezza; fantasia nella sceneggiatura e nell'ambientazione dei suoi
sassi disposti con una intelligente casualit� e con un �taglio� della
scena che non permette dispersioni allo sguardo dell'osservatore;
fantasia nell'inserimento di elementi complementari che finiscono per
divenire protagonisti; fantasia nell'uso di una tavolozza delicata,
dominata dal valore di certi azzurri che richiamano il cielo pulito; di
certi rosa che ricordano le note tenere di un fiore di pesco; dei viola
che digradano nei tramonti d'autunno, sul mare della sua terra: la
Sicilia.
Pittura sempre oggettiva la sua quindi, ma esaltata da una immaginazione
sottile che inserisce quasi sempre un soffio di vita nelle cose
inanimate e le fa sentire come un elemento che si riporta alle
trasformazioni che il tempo, attraverso i millenni, con mutazioni
quotidiane, ha impresso ad esse e ci fa sentire che posseggono ancora
una carica dinamica la quale le lega, anche se statiche apparentemente,
all'effimera che si inserisce casualmente ogni giorno e poi scompare.
Vediamo quindi un gruppo di opere nelle quali sono sempre presenti i
sassi levigati dall'usura i quali restano elemento dominante anche se
cedono una parte della loro figura di protagonisti. Ci sono: �Gli
stecchi� che sono tranci di vite potata caduti sui sassolini; �Volo
radente� dove c'� un gabbiano che vola basso sui sassi; �L'ultimo volo�:
una piuma bianca di colombo, insanguinata ai bordi, che vola e sta per
posarsi; �Riflusso� un'onda spumosa che si frange tra i sassi della
spiaggia; �Quando cadono le foglie dei platani%, foglie distese sul
terreno pietroso.
Le nature morte divengono cos� �nature vive�, condotte con una pittura
che pulsa anche se � liscia, e si trasformano in piccoli racconti che la
fantasia dell'artista ha impostati e che l'immaginazione
dell'osservatore pu� portare avanti facilmente perch� parlano spesso al
sentimento.
Dino Villani
Milano, febbraio 1981
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